domenica 18 marzo 2012

Una [bella] storia qualunque.

C'è questo collega di Teresa, un uomo tutt'altro che imborghesito (anzi: credo di aver capito che è uno che - per esperienze di vita - manda a casa la metà di noi) nonché agguerritissimo sindacalista, che ha scritto un libro.
Giovedi scorso questo libro è uscito in libreria, pubblicato da un vero editore, non da uno di quelle decine di cialtroni che chiedono soldi a quelle migliaia di ipotetici scrittori che farebbero di tutto pur di vedere il proprio romanzo esposto sugli scaffali della Feltrinelli. Che poi quel genere di editori, dopo averti spillato duemila euro (che, beata ingenuità, sono già più di quanto loro spendono di stampa) nemmeno ci arrivano da Feltrinelli, ma questa sarebbe un'altra storia.

Torniamo al nostro uomo.
Che Tere, per stima e per amicizia, ha voluto subito acquistarne una copia. E quando dico "subito" intendo il giorno stesso della sua uscita (per poterglielo portare già il giorno dopo al lavoro, per farselo dedicare); e fate conto che alla Feltrinelli di via Appia ce n'erano una decina di copie, che - se masticare un minimo di distribuzione editoriale - non sono affatto poche!

Sul romanzo vero e proprio torneremo in seguito, probabilmente con un post specifico. E in questo momento non sto nemmeno qui a polemizzare sul fatto che la casa editrice - approfittando della sua posizione di fronte ad uno scrittore comunque "esordiente" - ha imposto il cambiamento del titolo del libro (scegliendone uno che ovviamente al suo autore nemmeno piace) nel tentativo di creare più appeal, spacciandolo per un romanzo romanticamente teen oriented con tanto di cuore in copertina, citazione ad una nota canzone di Silvestri, fascetta che recita "un po' Fabio Volo e un po' Nick Hornby" e via dicendo.
Insomma, qui nessuno è nato ieri: conoscete meglio di me questi meccanismi che spesso gli editori credono geniali. Anche se questo romanzo, strettamente autobiografico, non è affatto romanticamente teen oriented.

Ma torniamo al nostro uomo.
O meglio: ai suoi amici, ai suoi conoscenti, ma soprattutto ai suoi colleghi. Come mia moglie. Che sul suo Facebook è iscritta al "Gruppo" del suo posto di lavoro (non c'è bisogno di dire quale sia perché chi la conosce bene sa dove lavora). E da giovedì scorso, è un tripudio di commenti e/o foto di gente col suo libro in mano; con una copia, due, cinque, sette da poter regalare anche ad altri amici.

Io mi guardo queste foto, questo entusiasmo assolutamente disinteressato, trovandoci una purezza a cui non sono abituato: i tuoi colleghi ("i tuoi colleghi", capite? Che non sono tuo fratello o il tuo amico del cuore) che ti riconoscono ciò che hai fatto, che ti gratificano con l'acquisto, che partecipano con te a questo importante evento.

Una purezza che mi ricorda i miei primi anni '90, ma SOLO nella musica. Perché a mano a mano che qualcuno produceva/pubblicava il suo primo vero album di rap, era una gara a chi lo acquistava per primo, a chi supportava quell'amico, a chi gli riconosceva quel primo traguardo.

Ma nei fumetti?
Riuscite a immaginare una cosa del genere nei fumetti?
Dove tutti aspettano che casomai quella copia gli venga regalata, altrimenti col cazzo che te la comprano! Dove (quasi) nessuno legge la roba degli altri, autocompiacendosi solo della propria, nel mantenimento di uno status (cioè se stessi come proprio argomento preferito). Dove casomai sono tutti pronti a sparare merda sull'ultimo volume di un "collega" che in molti casi - per metroquadratura limitata dell'ambiente - è anche un amico.
Anche su Facebook (dove la community del fumetto, senza nemmeno volerlo, ha creato un fittisisimo network grazie al quale tutti sanno i cazzi di tutti, escludendo di fatto la possibilità di qualsiasi bluff) vedete mai cose del genere?
Questo entusiasmo? Questa gratificazione? Questa partecipazione?

Allora forse quella che vi ho raccontato è solo una storia di gente normale.
Beh, se è così: evviva la gente normale!!!

Nessun commento: